PERSONAGGI

Il Cervo

Cuore del Rito

Figura centrale del rito di Castelnuovo al Volturno, il Cervo incarna la forza primordiale della natura e l’energia selvaggia che sfugge al controllo umano. Coperto da pelli di capra, con volto e mani anneriti, indossa un copricapo con vere corna di cervo e porta campanacci che risuonano in modo inquietante, rendendo la sua presenza scenica potente e misteriosa.


Nel corso della rappresentazione, il Cervo irrompe tra la folla con movimenti frenetici, bramiti e gesti imprevedibili, incarnando una forza distruttrice e incontrollabile. È simbolo di trasformazione e rigenerazione, ma anche di morte e rinascita: una creatura al confine tra umano e animale, tra il mondo visibile e quello spirituale.


Archetipo radicato nelle tradizioni pagane, il Cervo rappresenta il legame tra l’uomo e le forze ancestrali della natura. La sua figura invita a riflettere sull’istintivo, sul misterioso e sull’eterna ciclicità della vita.

La Cerva

Il Volto Complementare della Natura

Compagna del Cervo, la Cerva è figura centrale e simbolica del rito di Castelnuovo al Volturno. Insieme rappresentano l’equilibrio ciclico della natura: vita, morte e rinascita intrecciate in un destino condiviso.

Durante la rappresentazione, la Cerva partecipa al dramma della cattura e della morte, specchio della furia primitiva del Cervo. Ma in lei si riflette anche la saggezza silenziosa del ciclo naturale: la sua morte simbolica, seguita dalla resurrezione per mano del Cacciatore, è metafora di fertilità, rigenerazione e continuità.

Più che semplice figura di supporto, la Cerva incarna l’essenza femminile della natura: generatrice e distruttrice, accoglie il mistero dell’inizio e della fine, diventando immagine profonda di un equilibrio cosmico che si rinnova ogni anno attraverso il rito.

Martino

Il Custode dell’Ordine

Figura emblematica del rito di Castelnuovo al Volturno, Martino rappresenta l’umanità che si confronta con le forze selvagge della natura.
Ispirato alla figura di Pulcinella molisano, veste di bianco, con un copricapo conico ornato di nastri colorati e le tradizionali cioce, simboli del suo legame con la terra.

Truccato con guance rosse, Martino impugna una fune e un bastone: strumenti simbolici con cui affronta il Cervo e la Cerva, incarnazioni del caos e della forza primitiva. La sua funzione è quella di riportare equilibrio, ristabilendo l’armonia tra l’uomo e le forze naturali.


Nel ciclo rituale, Martino è la figura che rappresenta il passaggio, la trasformazione, e il ritorno all’armonia. La sua presenza ci ricorda che ogni caos necessita di una guida, ogni forza selvaggia di un equilibrio, e che l’uomo è parte integrante di questo eterno confronto tra natura e civiltà.

Il Cacciatore

Il Soffio della Rinascita

Nel rito di Castelnuovo al Volturno, il Cacciatore è il custode del ciclo eterno di morte e rinascita. Armato di fucile, uccide il Cervo e la Cerva nel momento culminante della rappresentazione, compiendo un sacrificio necessario al rinnovarsi della natura.


Ma la sua funzione non è solo distruttiva: attraverso un gesto simbolico, il soffio nelle orecchie degli animali, ridona la vita, ristabilendo l’equilibrio e aprendo la via alla rinascita. Questo doppio potere – uccidere e risuscitare – fa del Cacciatore una figura magica e trasformativa, capace di spezzare il ciclo della violenza e ricondurlo alla speranza.


Simbolo di mediazione tra umano e sovrannaturale, tra caos e armonia, il Cacciatore incarna il principio della rigenerazione: la natura, per rinnovarsi, deve prima attraversare la morte. Il suo soffio è l’alito vitale che chiude il rito e lo prepara al suo ritorno, ogni anno, come promessa di vita nuova.

Il Maone

L’Ombra del Rito

Il Maone è la figura oscura e misteriosa del rito di Castelnuovo al Volturno, simbolo delle forze primordiali e malefiche che abitano l’inconscio collettivo e i cicli rituali più antichi. Ricoperto di pelli di capra e con una maschera inquietante, incarna la natura selvaggia e incontrollabile, sfidando ogni ordine umano.


Con il suo bastone guida la macabra danza delle Janare, rappresentando l’irrompere del caos e dell’incertezza. Ma il suo ruolo non è solo scenico: il Maone è un archetipo dell’ombra, una presenza rituale necessaria alla purificazione e alla trasformazione.


Nella sua danza ritmata e nella sua presenza perturbante si manifesta la consapevolezza che solo affrontando le forze oscure si può giungere alla rinascita. Il Maone è il volto nascosto della natura, l’essenza dell’ignoto che ogni anno ritorna per ricordarci che non esiste luce senza ombra.

Le Janare

Le Streghe dell’Oscurità

Le Janare sono le enigmatiche e temute streghe del rito di Castelnuovo al Volturno, incarnazioni delle forze oscure, misteriose e primordiali della natura. Vestite di nero, con maschere inquietanti e lunghi capelli ondeggianti, entrano in scena correndo e urlando, guidate dal Maone, in un’esplosione di caos che precede la purificazione.

La loro danza attorno al falò – cuore simbolico del rito – è un atto di liberazione e trasformazione. Accompagnate dai suoni ancestrali delle percussioni suonate dai Lupi Mannari, le Janare rappresentano la parte irrazionale dell’uomo, il lato oscuro che deve manifestarsi per essere esorcizzato e integrato.

Non solo portatrici di terrore, ma figure rituali potenti, le Janare sono le custodi del confine tra luce e tenebra, tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti. La loro presenza ricorda che l’ordine può rinascere solo dopo aver attraversato l’ombra.

La Popolana

custode del quotidiano, simbolo di resilienza

La popolana nella pantomima di Castelnuovo al Volturno è una figura simbolica centrale, incarnazione della quotidianità rurale e del legame con la terra. Inizialmente immersa nella serenità della vita contadina, la sua pace viene bruscamente interrotta dall’irruzione del Cervo, forza primitiva e distruttiva che sconvolge l’ordine della comunità.

Il suo confronto con la bestia – culminante in un gesto provocatorio, l’offerta di cibo – rappresenta il tentativo umano di comprendere e domare la natura selvaggia. Ma il rifiuto rabbioso del Cervo sottolinea l’impossibilità di addomesticarne la forza istintiva e irrazionale.

Dal punto di vista simbolico e antropologico, la popolana è testimone attiva del conflitto tra civiltà e natura, tra stabilità e caos. Pur fragile di fronte alla furia del Cervo, è anche segno di resilienza, sfida e consapevolezza del limite umano. Non è solo un personaggio di scena, ma emblema del legame profondo tra l’uomo, la sua comunità e le forze che da sempre lo mettono alla prova.Il Maone è la figura oscura e misteriosa del rito di Castelnuovo al Volturno, simbolo delle forze primordiali e malefiche che abitano l’inconscio collettivo e i cicli rituali più antichi. Ricoperto di pelli di capra e con una maschera inquietante, incarna la natura selvaggia e incontrollabile, sfidando ogni ordine umano.


Con il suo bastone guida la macabra danza delle Janare, rappresentando l’irrompere del caos e dell’incertezza. Ma il suo ruolo non è solo scenico: il Maone è un archetipo dell’ombra, una presenza rituale necessaria alla purificazione e alla trasformazione.


Nella sua danza ritmata e nella sua presenza perturbante si manifesta la consapevolezza che solo affrontando le forze oscure si può giungere alla rinascita. Il Maone è il volto nascosto della natura, l’essenza dell’ignoto che ogni anno ritorna per ricordarci che non esiste luce senza ombra.

Il Mistero di un Antichissimo Rito


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